14 set 2020

Oltre i talk show e i social: il post-Covid e le basi scientifiche

Un’analisi accurata condotta da un nostro Alumnus pone l’Italia sotto la lente di ingrandimento. Un’esigenza di dare una base scientifica a un dibattito sempre acceso da istinti primordiali, soprattutto nel nostro Paese. Ma quali i punti chiave per ricominciare a crescere?

 

  

Andrea Goldstein è un economista di spessore internazionale; laureato in Bocconi nel 1989, dal 1993 lavora all’OCSE, ma ha anche trascorso periodi in Banca Mondiale a Washington e alle Nazioni Unite a Seul. Alumnus legatissimo all’Alma Mater, è stato anche Chapter Leader a Parigi dal 2013 al 2016, contribuendo in modo attivo al rafforzamento della community locale.  

  

Andrea negli anni ha mantenuto i rapporti scientifici con l’Italia  - e la Bocconi in particolare - e ha coordinato un progetto di analisi “in tempo reale”  della situazione economica italiana dopo il Covid. Il risultato è un volume (“L' economia italiana dopo il Covid-19. Come ricominciare a crescere?”), cui hanno contributo come autori o referees oltre 60 studiosi sparsi in tutto il mondo, tra cui Paola Profeta, professore associato di Scienza delle Finanze in Bocconi, ma anche tanti che in Bocconi hanno studiato.

Proprio dalla Bocconi Andrea prende le mosse per la sua analisi.  

“La Bocconi rappresenta una forma di eccellenza italiana; da una delle migliori università in Italia, è diventata una delle migliori in Europa e nel mondo. Auspico quindi che la Bocconi sia una fonte di ispirazione per pensare più in grande, applicando il tutto all’Italia e alla sua crescita. Sono convinto che in Italia si può fare bene tutto, ma spesso si decide di farlo male”, dice Goldstein. “Ma vedo quanto un esempio virtuoso sia di stimolo, e lo noto in particolare attraverso gli occhi di chi vive a Parigi: questo ateneo è un punto di approdo di molti studenti francesi, tra cui i miei figli, cresciuti ad Asterix e Zidane", continua Goldstein.
    

Oltre il cicaleccio: l’Italia, l’attesa e le basi scientifiche   

Addentrandosi sul tema centrale della sua analisi, Andrea sottolinea primariamente la fase di attesa che il nostro Paese – e di riflesso il mondo intero – sta affrontando.   

Al di là delle varie fasi della pandemia, quello che emerge è che la fase acuta non si riproporrà, così come è quasi escluso un nuovo lockdown nazionale. Al netto dell’analisi costi/benefici che forse un giorno verrà fatta, quel che è certo è che il costo della crisi sanitaria in termini di PIL è stato sostanziale.  

  

Il volume e le analisi correlate nascono quindi dall’esigenza di dare una base scientifica a un dibattito sempre acceso da istinti primordiali, soprattutto in Italia. “I social media amplificano, così come gli aizzatori di folle, e anche all’estero non ci sono andati giù con leggerezza: a marzo eravamo additati come un paese di pigri che affrontava il tutto in modo quasi ridicolo; poi siamo stati diventati fonte di ispirazione per chi ci guardava dall’alto in basso”, spiega.  

 
In queste analisi, emergono con chiarezza i punti chiave per ricominciare a crescere dopo aver riparato i danni economici e sociali immediati. Tra i vari aspetti, la solidarietà – reale e percepita: “E’ davanti alla crisi che nasce un desiderio di solidarietà che - se in alcuni casi è stata strumentalizzata - dall’altro ha dimostrato come in Italia siano diffusi fierezza e senso del dovere”, continua Andrea, che mette sul piatto anche un altro punto cruciale: la rinascita imprenditoriale.

Un must-have: la rinascita imprenditoriale.  

“L’Italia soffre di molti problemi, tra cui un capitalismo vecchio, in cui i grandi gruppi che simboleggiano il potere economico sono gli stessi da tanti anni. C’è lo Stato che un tempo si chiamava padrone e le solite tre o quattro famiglie. Il nodo sono anche gli aspetti demografici: un paese vecchio è meno pronto a prendere i rischi che sono il tratto distintivo dell’imprenditorialità. Senza dimenticare che il Covid lascerà una traccia sulla demografia e sui comportamenti riproduttivi dei giovani adulti, che vanno a sommarsi al calo prevedibile dell’immigrazione, che rappresentano ormai l’unica speranza, demograficamente parlando”.

 La dimensione di genere.

In questo filone, si innesta anche l’analisi della prof.ssa Profeta sulla dimensione di genere.
Se n’è parlato allo sfinimento: l’epidemia e il lockdown hanno colpito duramente le donne. A loro è stata demandata la gestione dell’equilibrio familiare e lavorativo, con effetti che resteranno nel tempo.  

“Basti pensare che molti dei lavori che andavano necessariamente svolti durante il lockdown, come la cura alle persone vulnerabili, tra cui ovviamente i malati, o il rapporto con la clientela nella distribuzione commerciale, sono per loro natura professioni molto femminili; va da sé che le donne sono state sia in prima linea sul posto di lavoro (spesso con un livello di protezione alto ma non sempre adeguato), ma hanno dovuto gestire anche la famiglia”, analizza Goldstein.
Un dato di fatto che innesca un interrogativo a cui non c’è risposta: e se ci fossero state più donne in posizioni di responsabilità? Cosa sarebbe successo?   

  

Cosa cambierà per sempre?
   

L’andamento demografico per gli anni a venire, in prima battuta. Meno nascite nel 2020 (saremo sotto le 400 mila per la prima volta) vorrà dire meno genitori nel 2050, e così via. In più, il lockdown ha sospeso o ritardato la creazione di nuclei familiari.  “Magari nel XXII secolo scopriremo che senza italiani, l’Italia è ancora più bella”,  scherza Andrea, che quest’estate è stato in ben nove regioni italiane.
A questo si aggiunga che l’Italia è arrivata a questa recessione senza precedenti molto più debole rispetto agli altri paesi del G7 o G20. “E uscire da questa crisi sarà molto difficile, anche perché la chiusura delle scuole ha un ovvio costo sui processi di apprendimento, accentua le ineguaglianze e indebolisce ulteriormente la dotazione di capitale umano, uno dei talloni d’Achille dell’Italia."

  

Il tutto porterà un impatto anche sui rapporti tra regioni italiane e con l’Europa stessa.
Oltre al calo demografico, il Mezzogiorno – seppur abbia patito meno il Covid - continua a scontare i problemi di sempre. “Il rapporto con l’Europa sarà cruciale: l’Italia ha sicuramente più urgenza di rimettersi in pista, ma per farlo deve abbandonare certi toni vittimisti e sviluppare una visione di lungo periodo. Invece sembra ritardare la riflessione che è la base per ripartire in modo concreto. Ma gli altri, frugali o meno che siano, non ci aspetteranno certo in eterno...”